Roma - Prima ancora della legge delega sul mercato del lavoro, della legge elettorale e della Pubblica amministrazione, Matteo Renzi mette in cima alla sua agenda per la ripresa dei lavori parlamentari la riforma della scuola.
Il decreto arriverà nel primo Consiglio dei ministri dopo la pausa estiva. A fine agosto, è la promessa del presidente del Consiglio che in questi giorni sta dedicando molto del suo tempo al dossier, insieme ai tecnici del ministero della Pubblica istruzione, al responsabile dell’Istruzione e ai suoi sottosegretari.
«Proporrò un grande patto alle famiglie, alla società, ai sindacati», è l’intenzione dell’inquilino di palazzo Chigi. Solo qualche giorno fa l’annuncio passato un po’ in sordina: «Con la legge di stabilità mettiamo un miliardo di euro sulla scuola, un intervento che avrà grande valore politico e simbolico», ha spiegato Renzi a “In onda” su La7.
I contenuti della riforma sono tutti ancora da scrivere, ma la cornice si va delineando sempre di più. Perché accanto a un massiccio intervento per la salvaguardia degli edifici scolastici – un punto fermo per il presidente del Consiglio che mesi fa chiese a tutti i comuni di segnalare quali debbano essere i lavori di ristrutturazione da compiere con urgenza -, c’è «un grande piano di assunzioni».
Si parla di 150 mila nuovi inserimenti, comprendente anche il personale non docente. Con l’obiettivo di mettere fine al precariato e al superamento del sistema delle supplenze che ha generato in questi anni tanta confusione e un numero indescrivibile di ricorsi e controricorsi alla magistratura. «Sarà una vera e propria rivoluzione», ha spiegato il capo dell’esecutivo ai suoi parlamentari. Ci sarà una rivisitazione dei contratti ma in generale sarà «un cambiamento radicale del modo di intendere l’istruzione».
Il nuovo piano scuola, ha spiegato giorni fa il sottosegretario Reggi, prevede il reclutamento dei docenti tramite le Graduatorie ad esaurimento. Nel piano assunzioni potrebbero rientrare anche i docenti abilitati con il Tirocinio Formativo Attivo. In programma, poi, un concorso a cattedra nel 2015 ( si parla di un bando ogni due anni) aperto anche ai giovani laureati di quei nuovi corsi di laurea che il governo intende attivare. Si tratta di un percorso di studio ad hoc, al termine del quale si ottiene anche l’abilitazione all’insegnamento. Il nuovo piano di immissioni e assunzioni docenti ha secondo Reggi, da sempre uomo vicino all’ex sindaco di Firenze, lo scopo di avviare la procedura di stabilizzazione dei docenti, come richiesto dalla Corte Europea.
Del resto Renzi ha indicato più volte la sua “mission”: «Sarò giudicato se la scuola riparte o no, non su uno 0,1 di Pil. La vera sfida è sulla scuola».
In realtà il percorso è ancora lungo, perché dopo la presentazione del decreto in Consiglio dei ministri, partirà una “fase d’ascolto” con tutti i soggetti interessati alla riforma. E soprattutto andrà verificata la sostenibilità del piano. Renzi anche due giorni fa ha incontrato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan proprio per verificare i margini di manovra.
Inoltre occorrerà confrontarsi con i sindacati, sul piede di guerra per il pasticcio della “quota 96”, l’etichetta sotto cui si ritrovano docenti e altro personale della scuola che, per un errore tecnico, non sono riusciti ancora ad andare in pensione nonostante avessero maturato i requisiti.
Nel decreto sulla Pubblica Amministrazione, da poco convertito in legge dopo tre fiducie, era stata inserita una norma che consentiva la possibilità di lasciare il lavoro. Poi la Ragioneria dello Stato ha bloccato tutto perché mancavano le coperture economiche.
Per il premier, comunque, si è trattato di una battuta d’arresto che ha causato non pochi danni. Un “incidente” che, nelle intenzioni del Capo del governo, andrà superato a ogni costo entro poco tempo.
Ecco perché la riforma della scuola viene considerata a palazzo Chigi «la priorità assoluta» e il pressing verso via XX settembre per il reperimento delle risorse è sempre più asfissiante.